A chi giova la confusione tra Testamento Biologico ed Eutanasia?


Evidentemente come sempre accade in Italia non si riesce mai a fare un discorso serio, neppure quando si tratta del fine vita di una persona, magari dilaniata da sofferenze psicologiche e/o fisiche. Si parte da un evento eccezionale, come il suicidio del grande maestro Mario Monicelli, per riprendere polemiche del tutto ideologiche, e senza alcun buon senso. Alcune aree politiche e culturali italiane pensano che bisogni procedere per strappi, non facendo alcun ragionamento sul contesto in cui si opera, alcuna valutazione sull’evoluzione del pensiero, sul rapporto tra affermazione della libertà personale e la responsabilità collettiva.

Per le gerarchie cattoliche e relativi politici devoti da una parte, e per alcune frange estremiste dall’altra si devono pronunciare anatemi contrapposti, che hanno l’effetto di una concreta paralisi. In Parlamento vaga una proposta sul testamento biologico su cui si stanno scontrando posizioni inconciliabili e cosa si fa? Si rilancia, si blatera di eutanasia, dolce morte. Le due cose non sono per nulla collegate e chi fa questa operazione, clericali e mangiapreti, non fa avanzare di un passo la necessità che finalmente in Italia si normi, rispettando la Costituzione, una questione che riguarda tutti i cittadini.

Per sintesi si può dire che il testamento biologico è uno strumento in mano a ognuna e ognuno di noi affinché le nostre volontà di non usufruire di cure che prolungherebbero artificialmente la nostra sopravvivenza, mentre l’eutanasia è la possibilità di utilizzare farmaci che pongano fine alla propria esistenza. La differenza è enorme, intanto perché la rinuncia alle cure è prevista dalla Costituzione, al contrario della possibilità che si operi per la soppressione della propria e altrui vita. Allora viene da chiedersi perché la si voglia come sempre buttare in caciara, invece di affrontare con serietà il tema del testamento biologico. Sulla nostra pelle si consumano sceneggiate e campagne irresponsabili perché il fine non è la tutela della dignità umana, ma la ribalta mediatica, la capacità di apparire a favore della vita, ed essere invece nella sostanza, attenti ai propri posizionamenti.

In questo confronto non tutti hanno eguale responsabilità. Le gerarchie cattoliche e l’integralismo cattolico, come per tutte gli altri diritti di cittadinanza e di libertà, portano sulle loro spalle il peso di una colpa tremenda: aver trasformato convinzioni religiose in campagne politiche e in partiti, alimentando sofferenze, ingiustizie, diffusione dell’odio e della discriminazione.

Nello Stato laico preminente è il dettame per cui la politica ha il dovere di approvare leggi che aiutino concretamente le persone a vivere il meglio possibile, di accedere a tutte le informazioni necessarie rispetto alla loro salute, promuovendo diritti e doveri che contrastino ogni forma di esclusione. Soprattutto è dovere delle istituzioni di non limitare l’autodeterminazione degli individui, nei limiti previsti dalla Costituzione.

Detto questo, una cosa è rispettare le volontà individuali sull’accesso alle cure, un’altra è operare attivamente affinché una vita possa cessare. E non fa onore ai Radicali Italiani, che da sempre sono impegnati in battaglie di civiltà e di libertà strumentalizzare la scelta di Monicelli per far esplodere una polemica che sposta il terreno sull’eutanasia. Le vicende Englaro e Welby di cui i Radicali sono stati splendidi promotori e tenaci sostenitori, non sono ascrivibili all’eutanasia, e se si tentasse di far questo sarebbe un gravissimo errore.

Per Monicelli parla la sua opera, che non può essere insozzata da discorsi di politicanti, prima fra tutti, quella tremenda numeraria che va sotto il nome di Paola Binetti. Ma l’eutanasia non può esser propagandata come un valore laico indiscutibile; c’è invece molto da discutere e a differenza del testamento biologico, strumento di civiltà, può esser ritenuta non compatibile con la Costituzione italiana. Almeno questo è quello che pensano molte persone di buon senso, liberali, democratiche, laiche, credenti, progressiste.

Aurelio Mancuso – presidente Equality Italia

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